Era il 21 febbraio 2007.
Il taxi era posteggiato a lato del lungo il muro che cinge il carcere di Cuddalore; il sole era ancora basso ma già l’aria cominciava a scaldarsi. Seduto in quel vecchio taxi sentivo qualcosa che pungeva un punto preciso sopra il cuore, pensavo che il mio bellissimo mala di sandalo si fosse nuovamente incastrato ad un pelo del torace ma non era così era l’atomo seme che bruciava…
Quel mala profumato l’avevo acquistato all’inizio del nostro viaggio in India a Putthaparti dove eravamo andati ad incontrare Sai Baba e l’avevo portato con me in tutti i luoghi sacri che avevamo scoperto: nell’orfanotrofio di Mysore, nell’ashram di Ramana Maharshi, sull’Arunachala la montagna sacra del sud, a Pondicherri dove hanno vissuto la Mère e Aurobindo e ora lo indossavo per incontrare Swami Premananda.
Ero emozionato, ricordavo le settimane passate tanti anni prima a Puna ad ascoltare Osho, il ribelle illuminato, c’erano sempre migliaia di discepoli e non era certo possibile incontrarlo privatamente. Ricordo che il mio piccolo essere (con il suo grande ego) sperava di incrociare una volta lo sguardo del maestro e che quell’attimo fosse solo per me.
Ed ora ecco che per la prima volta potevo incontrare un maestro illuminato, vederlo e sentirlo da vicino.
Non ero solo in taxi, con me c’erano Sheila e Bernard e in altre auto altri dieci compagni di viaggio.
Aspettavamo che ci facessero segno di entrare, la situazione era delicata, normalmente solo poche persone alla volta potevano entrare in carcere per incontrare Premananda ma era da pochi giorni passata la Mahashivaratri, la grande notte di Shiva, e persino i secondini si lasciavano corrompere con maggiore facilità.
Quando fu il momento noi 13 viandanti accompagnati da due persone dell’ashram uscimmo dalle auto che attendevano sotto gli alberi e entrammo nel carcere. Il parlatorio era un grande locale diviso centralmente da un corridoio fatto da reti d’acciaio che impredivano ai visitatori di entrare in contatto con i prigionieri. Ma visto che il prigioniero era un santo abbiamo potuto introdurci nel corridoio. Tutti ammucchiati in quello spazio largo un’ottantina di centimetri per essere più vicini possibile al Maestro. Ricordo di essermi trovato in mezzo al mucchio e di essermi accovacciato per terra e quando lui è entrato con il suo abito giallo-arancione i mie occhi incontrarono i suoi e il tempo si fermò, per un secondo o due, e quello sguardo mi penetrò lasciandomi senza fiato.
Poi lui cominciò a parlare, ci disse di non essere tristi per la sua condizione che lui lì si trovava bene. Ci raccontò delle terapie, di come relazionarci al paziente, ci parlò di aspetti molto concreti. Io ero sempre seduto a terra e Premananda, che si trovava proprio di fronte a me, ogni tanto faceva uscire la sua mano da un pertugio nella rete e mi accarezzava il volto, mi solleticava la barba.
Dopo che fu passata un’oretta decise che era il momento per ognuno di noi di incontrarlo privatamente e di porgli una domanda.
Tutta la sera precedente ci eravamo scervellati per trovare delle domande sensate non personali e utili per tutti e ora lui, da buon Maestro, ci sconquassava i piani.
Uno ad uno ci siamo chinati davanti al lui in naturale rispetto e gli abbiamo fatto la nostra domanda. Il tempo scorreva velocemente e io temevo che i secondini da un momento all’altro ci sbattessero fuori, così aspettavo per ultimo, non volevo che qualcuno potesse perdere questa preziosa opportunità, io mi sentivo già appagato. Alla fine con me erano rimasti Sheila e Bernard, io insistevo affinché Sheila andasse per prima e lei mi spingeva ad andare avanti. È così che ci siamo andati assieme.
La prima domanda la fece Premananda a noi: “Are you married?”
Quasi sprofondai per l’imbarazzo, io che avevo sempre detestato l’idea del matrimonio e l’avevo sempre considerato come un atto conformista per deboli di spirito non sapevo cosa rispondere, e azzardai un timido “Non veramente”, Sheila invece si lanciò in un tentativo di arrampicata libera sul vetro con un “Si, nel cuore…”.
Premananda non si scompose e ci rispose qualcosa che riassunto potrebbe suonare come “Peccato, pensateci e fatelo!”
Che botta, le mie fondamenta cominciavano a tremare…
Sheila fece la sua domanda, alla fine della risposta Premananda aggiunse qualcosa di assolutamente inaspettato “I give you one Lingan” e poi si volse verso di me e aggiunse “and one Lingam for you. Are you happy?”
Le mie fondamenta crollarono.
Non riuscii a formulare la mia domanda e cominciai a piangere. Era un pianto liberatorio che durò a lungo. Quelle poche frasi mi avevamo mostrato tutte le mie rigidità e le mie debolezze, compresi le mie paure. Qualche giorno prima, durante una terapia che lasciò il segno (quantomeno sul corpo, credo di avere ancora l’impronta di qualche dito sul Vishnu) avevo decido di non essere più tiepido e ora avevo capito da dove potevo cominciare a vivere al cento per cento. Quell’incontro aveva cambiato la mia vita!
Nell’estate del 2007 io e Sheila incontrammo nuovamente Premananda, dapprima nel carcere per raccontargli del nostro matrimonio (nelle nostre fedi è incisa la data del 21 febbraio 2007) e successivamente nel suo ashram durante uno dei pochi giorni di libertà che gli sono stati concessi.
Nel febbraio dell’anno scorso assieme a Sheila, Aurora, Anna, Kaloue, Deborah ed Elio abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo durante il periodo della Mahashivaratri, abbiamo potuto assistere alla Lingabava (materializzazione dei Lingam) ed è stato un grande onore oltre che una grande emozione.
Quest’anno Premananda ha trascorso diversi mesi in ospedale, la sua salute è stata indebolita dai quindici anni di carcere indiano. Poche settimane fa è stato nuovamente ricoverato, il fegato non funzionava più…
Era il 21 febbraio 2011 quando Premanadna ha lasciato il corpo.
Non mi sento in diritto di essere triste, egli ha lasciato un corpo che lo faceva soffrire, e non riesco a pregare per la sua nascita al cielo, conosce la strada… Ma, come qualcuno ha detto, posso pregare perché la sua anima scelga presto un nuovo corpo di carne e riporti la sua luce sulla terra, perché questa umanità ne ha tanto bisogno.
Jai Prema Shanti!
Francesco
Grazie Francesco. Inutile dire che ho avuto le lacrime agli occhi.
vi abbraccio
Gianpsqua
Grazie Francesco, il tuo racconto mi ha emozionato e le mie fondamenta cominciano a tremare. Pur non amando i santoni, guardo adesso Swami con un occhio un po’ diverso.
Caro, grazie per la tua condivisione. Fatico a trovare le parole, quella mattina è impressa in me e l’effetto di quell’incontro è talmente presente nella mia vita. Non da ultimo per la tua amorevole presenza nella mia vita.
Sheila
p.s. però potevi lasciar perdere l’arrampicata sui vetri…
GRAZIE FRANCESCO
Quel giorno, grazie a te, ho capito cosa vuol “mollare la presa” e te ne sono immensamente riconoscente.
In questo momento sono di nuovo li….
…Yes, I am Happy….coi lacrimoni…ma sono caldi e dolci….
Carissimo, non passa un giorno dove non incontro il suo sguardo e sento il suo Amore e la sua felicita, il suo profumo. Nonostante che lui abbia lasciato il corpo e’ veramente presente con noi.
L’incontro con lui ha cambiato la mia vita, e ringrazio veramente l’universo e voi compagni di viaggio e di stada per avere avuto la fortuna di fare questo viaggio assieme a voi e sentire l’abbraccio di Swamiji e di piu.
Jai prema Shanti
Kaloue
Francesco carissimo, grazie.
A volte le parole non bastano ad esprimere quello che sentiamo dentro di noi. Io non ho potuto conoscere Swami Premananda come avete fatto voi ma ciò che hai trasmesso al mio cuore con le tue parole è per me importantissimo. Ancora Grazie.
Caro Francesco ,che bello leggere la tua storia! è emozionante rendersi conto di come le nostre vite possono essere cambiate, dall’avvicinarsi a persone illuminate come PREMANANDA, io non l’ho conosciuto però avevo visto una sua foto e mi aveva colpito la gioia che sprizzava da tutti i pori del suo viso.Lui guardando te e Sheila ha visto allora come siete adesso,una coppia che ha amore l’uno per l’altro! Vi ha fatto un grande dono! Grazie di questa condivisione speciale,un abbraccio forte,Mariadele